Cittadini, non sudditi!

Altro che morire democristiani: qui si rischia di crepare socialisti, vero Alifuoco? L’ondata di revisionismo su Tangentopoli ha raggiunto anche la Vicenza dorotea – ed è un revisionismo che non ha niente a che fare con quello storico: è soltanto una grottesca macchinazione pataccara a uso e consumo degli eredi e reduci dei melmosi anni ’80. Così l’associazione “Impegno per Vicenza”, una setta locale fondata dall’ex socialista ora forzaitaliota Mario Giulianati, ha proposto l’immancabile strada a Bettino Craxi. Vogliamo commemorarlo, Ghino di Tacco? Benissimo.

 Statista fuori e ladro dentro, fuggì dal Paese per sottrarsi alla giustizia che l’aveva condannato per corruzione. Padre del riformismo a cui tutti oggi s’ispirano senza mai peritarsi di specificare cosa sia (salvo la solita politica di tagli, sacrifici e sgobbare fino alla soglia del rincoglionimento), l’amico e protettore di Silvio vanta un ricco carnet di storiche riforme: i decreti ad personam del 1985 per mettere la museruola ai pretori che avevano la pretesa di far rispettare la legge alla Fininvest, omaggiata di una legge, la Mammì del ’90, monumento nazionale al favoritismo monopolistico; l’opposizione a qualsiasi seria riforma istituzionale (“andate al mare”, disse nel ’91 contro il referendum elettorale) come al risanamento dei carrozzoni statali, gestiti come cosa loro dai suoi sodali (Di Donato, Cagliari, Necci); la lottizzazione della Rai, terra di conquista (e di “conquiste”) e di allegra gestione a braccetto con le reti del Biscione; i rapporti con noti riformisti senza macchia e senza paura come il Venerabile Gelli e l’affarista Calvi, per non parlare di quella vera e propria macchina per far soldi che era diventato il Psi in tutta Italia e in particolare a Milano, sotto il regno del cognato Paolo Pillitteri. E che dire del piglio deciso del Nostro a Sigonella, nome mitico del revanscismo nazionale che oggi torna alla mente nella lotta anti-Dal Molin? Ebbe ragione a fermare sul bagnasciuga i soliti yankees arroganti, gliela riconosciamo in pieno. Però ci si dovrebbe anche ricordare che il terrorista Abu Abbas che Craxi sottrasse a Reagan, non fu giudicato da un tribunale italiano così come la legge consentiva, anzi obbligava. No, fu inviato in dono a Saddam Hussein, nel 1985 molto amico dell’Occidente. Quale sublime colpo di genio da vero statista fu poi quello di appoggiare un Siad Barre, sanguinario dittatorello somalo, o addirittura i generali argentini contro la Gran Bretagna nella guerra delle Falkland?

Noi, menti semplici che non riescono a scorgere la grandezza dell’uomo di Hammamet, lo ricordiamo così: titolare di due conti in Svizzera con dentro 50 miliardi delle vecchie lire, dopo i quattro anni del suo governo (1983-1987) lasciò all’Italia un debito di 1 milione di miliardi di lire e un condono edilizio autentica manna per l’abusivismo dei palazzinari. Perciò la commemorazione che si conviene al tangentaro Craxi poggia su un altro suo indiscusso “merito”: aver dato un’indegna sepoltura a quel socialismo che contribuì alla dignità di questo Paese. Una dignità, mi spiace per i revisionisti a mezzo lapide (o strada), che non si acquista dopo la morte. Neanche spacciando nani, ladri e ballerine per “riformismo”.

da La Sberla n° 37 25 gennaio 2007

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Redazione