Enrico Caprara – L’ uomo ed il suo ambiente

La questione delle "Piccole Patrie" – una delle questioni poste nel "Manifesto dell' Antimodernità" – è, in estrema sintesi, riconducibile al vivere di un certo numero di persone, piuttosto limitato, aggregate in un luogo anch' esso limitato. Il termine "Patria", in effetti, può comprensibilmente suscitare qualche remora: ha già avuto un suo utilizzo forte nel passato, ha già subìto connotazioni particolari – anzichè "Piccola Patria" si può dire per esempio "Località", termine che oltre al significato generico può assumerne anche uno più specifico. La questione è quindi quella del "Localismo": di un certo Luogo dove vive una certa Comunità.

 

Chiarisco subito che non intendo giungere, nel considerare la questione del Localismo, a indicazioni e definizioni molto specifiche. Cioè a come dovrebbero essere propriamente organizzate queste Comunità. Credo, piuttosto, che lo stato attuale delle cose richieda un rafforzamento delle idee che precedono: quali siano cioè le motivazioni e i significati di fondo per una prospettiva di Localismo; anche perchè negli ultimi anni in quel nome si sono ritrovate sensibilità e finalità differenti. Le strutture specifiche potranno venir delineate in seguito, all' avvicinarsi di una possibile realizzazione effettiva, tenuto conto anche della realtà di fatto in cui questa realizzazione possa compiersi; in ogni modo, se il senso fondamentale di una prospettiva Localistica sarà ben chiaro, elaborato e convinto, le modalità di realizzazione concreta non potranno costituirne un tradimento. 

Per quanto mi riguarda, la giustificazione del Localismo sta nella contrapposizione tra alcuni orientamenti, valori esistenziali che io ritengo portatori di beneficio, rispetto ad altri valori che la civiltà occidentale moderna fa propri: i valori di semplicità, permanenza, profondità, in opposizione a quelli moderni di quantità, complicatezza, mutamento, superficialità. 

Se quelli sono i caratteri portatori di buon vivere, il miglior ambiente per l' uomo è quello che permane sempre il medesimo, in termini di paesaggio, di attività, di frequentazioni; l' abitudinarietà permette un approfondimento del livello di coscienza, unico stato umano che può comportare dell' autentica soddisfazione, di fronte anche a poche cose semplici; in alternativa c' è la fantasmagoria moderna: un continuo mutamento di visioni, luoghi, persone, attività, la cui derivante e incompresa frustrazione porta al desiderio di ancora altre "novità" e poi altre… 

Quindi un ambito geografico limitato, che per quanto possibile rimane sempre lo stesso, dove la persona può far permanere la propria esistenza, con le medesime attività e le medesime frequentazioni – per quanto possibile – stabilendo un legame affettivo e profondo con il Luogo e la Comunità. 

Profondità di legame che però – voglio precisare – non deve giungere a costituire secondo me una "identità". L' unica "identità" che io ammetto è quella personale. Essa consiste nel raggiungimento soggettivo della profondità di coscienza, della propria dimensione spirituale; è ciò che permette l' autenticità dei giudizi, che lascia vedere le parti di sè nella prospettiva in cui realmente sono. La ricerca di una "identità comunitaria", "localistica", (e nei casi peggiori "etnica" o "confessionale") costituisce la risposta sbagliata ad un problema effettivo. Il problema èovviamente quello della "mancanza d' identità" nell' uomo contemporaneo. Portato dalla cultura di questa civiltà ad un livello di coscienza superficiale, psichico, tutto preso dal ricevere ed elaborare informazioni, fare calcoli, pianificare comportamenti utili, l' uomo d' oggi è alienato dalla propria nuclearità spirituale, e non sa attribuire un significato e un valore a sè ed al proprio esistere nel mondo. 

In questa situazione, la ricerca di una identità altrove è una scorciatoia che non conduce però da nessuna parte. E che può anche peggiorare le cose. Una volta attribuita la "vera" soggettività ad un' astrazione (che sia la Comunità Locale, la Nazione, l' Umanità, la Chiesa, la Natura…), oltre che essere ostacolati di fatto nel raggiungimento della propria identità (spiritualità individuale) – come avviene nel contesto della civiltà e cultura attuale – si è arrivati a negarsi volontariamente e strutturalmente questa possibilità, ottenendo in cambio un profilo identitario fittizio e illusorio, che non mancherà di provocare ulteriori guai personali e generali. 

Io vedo dunque la Località (il Luogo e la Comunità) non come fornitrice di una sua identità, ma come fornitrice delle condizioni che permettono a ciascuno il raggiungimento della propria identità soggettiva. 

Per concludere, direi che mi rendo conto benissimo, naturalmente, di come il pensiero di una esistenza "localizzata e stabilizzata" possa recare, almeno per certi versi, un turbamento a ciascuno di noi. Niente bei luoghi turistici dove poter soggiornare? Niente musica da varie parti del mondo? Niente conoscenze personali interessanti? 

Quanto a questo credo si debbano considerare due cose. Anzitutto, noi viviamo ora nel contesto che in massima parte, e per la gran maggioranza di noi, ci è dato. Sono ammesse al momento solo "certe" vie di fuga. La povertà culturale, estetica, spirituale, del nostro mondo com' è oggi – per noi abbastanza "ricchi" materialmente, almeno in confronto ad altri – consente alcuni lenimenti a questo disagio che stanno tuttavia pur sempre "dentro" gli schemi di questa civiltà. Cogliere queste opportunità resta comunque il meglio che possiamo fare. E' però anche possibile prospettarsi, e agire per la realizzazione, riguardo un contesto profondamente diverso, che abbia già in sè un buon vivere ed una autenticità umana. 

Poi, "Localismo" non significa "Isolazionismo". Ci sono problematiche che sono affrontabili solo, o più facilmente, da Località relazionate insieme, sino anche via via ad una relazione fra tutte le Località del pianeta. L' ausilio dato al bisogno dell' altro, com' è pratica necessaria al benessere spirituale per un individuo, è anche pratica dovuta fra Comunità. E se guardiamo alle testimonianze che ci vengono dal passato, da forme di civiltà che indubbiamente volevano essere più "localizzate", vediamo com' è però sempre presente il "viaggio", e l' accoglimento del viaggiatore che riporta i propri racconti ed esperienze; ma proprio nella loro eccezionalità il viaggio e il racconto di viaggio, la conoscenza dell' altrove ed i saperi provenienti dall' altrove, sono in grado di costituire un arricchimento e non una negazione rispetto alla semplicità e autenticità del buon vivere localmente.  

Redazione