La grande paura della modernità : la scarsità dei combustibili fossili.

Carbone, l´ultima emergenza: "Dal 2020 non basterà più"

La fine del mondo (come lo conosciamo) è troppo dannatamente vicina. Esperti e comitati sostengono che, più o meno intorno al 2030, avremo scoperto come risolvere tutti i problemi dell´energia con il sole. O magari il vento, o l´atomo, o l´idrogeno. Quello che non dicono è cosa faremo, oltre che andare a piedi e tremare dal freddo, fra il 2012 e il 2030. Perchè il 2012 comincia ad assumere l´aspetto della Armageddon energetica, il momento in cui i combustibili fossili che hanno alimentato finora il nostro facile stile di vita cominceranno a scarseggiare davvero, uno dopo l´altro.

 
L´Aie, il braccio energia dell´Ocse, l´organizzazione dei paesi industrializzati, avverte che entro cinque anni, appunto nel 2012, saremo a corto di petrolio, con la domanda sul punto di scavalcare l´offerta disponibile. Finanche il National Petroleum Council americano, un comitato infarcito di petrolieri e messo in piedi dall´arcipetroliere Dick Cheney ammette che le prospettive non sono affatto rosee. Brutta notizia, ma c'è il gas. O no? A quanto pare, no. Sempre secondo l´Aie, anche per il gas naturale, che fa marciare il grosso delle nostre centrali elettriche e dei nostri termosifoni, si va verso una stretta: da qui sempre al fatidico 2012 ci sono "preoccupazioni" per lo sviluppo dei giacimenti che lo producono e dei gasdotti che ce lo devono portare. Be´, se non arriva nel tubo, può arrivare via nave, liquefatto, ai famosi rigassificatori. Niente affatto: ancora gli esperti dell´Aie sottolineano che, per aver l´incremento di capacità  produttiva, necessario dal 2012 in poi, bisogna decidere subito gli investimenti per la costruzione di nuovi impianti di liquefazione vicino ai giacimenti. Ma, negli ultimi 18 mesi, ne è stato approvato solo uno.

E allora il carbone, sporco, maledetto, ma subito. Neanche. L´ultimo colpo arriva proprio dal carbone: nelle ultime settimane, una serie di ricerche ha messo in luce che, mentre credevamo di averne ancora per 200 anni, è probabile che finisca molto prima. Non nel 2012, magari, ma subito dopo: nel 2020. A lanciare l´allarme carbone è un rapporto dell´Energy Watch Group, un gruppo di studiosi, soprattutto tedeschi e con più di una coloritura ecologista. Sono però i primi ad andare a verificare l´attendibilità dei dati sulle riserve mondiali di carbone, di cui si favoleggia da decenni. E a registrare che, nel 2004, la Germania ha praticamente azzerato la propria stima delle riserve di antracite (il carbone più pregiato), abbassandola del 99 per cento. La Polonia ha dimezzato le sue, tagliando del 50 per cento la stima del 1997. Globalmente, dice il rapporto, negli ultimi anni le stime sulle riserve mondiali sono state riviste al ribasso del 15 per cento.

E´ andata ancora peggio per le cosiddette "risorse" (cioè il carbone di cui si sa l´esistenza, ma che non è oggi estraibile, al contrario delle "riserve", con le tecnologie esistenti): dal 1980 al 2005 la stima è stata tagliata del 50 per cento. E i maggiori produttori (Cina, Usa, Australia, India, Sudafrica, Russia) stanno rapidamente consumando quello che hanno. La Cina consuma ogni anno il 2 per cento delle sue riserve. Gli Usa hanno superato già cinque anni fa il punto di massimo sfruttamento e producono, oggi, ogni giorno di meno. Conclusione? «La produzione globale di carbone può ancora aumentare nei prossimi 10-15 anni del 30 per cento circa, rispetto ai livelli attuali». Ma, fra il 2020 e il 2025 ci sarà il picco, dopo il quale comincerà inesorabilmente a scendere.

Profeti di sventura? Non sono i soli. Un rapporto preparato dall' Institute for Energy per conto della Commissione Ue non azzarda date, ma arriva a conclusioni molto simili. «Le riserve mondiali stanno riducendosi in fretta» vi si afferma. La Cina avrà consumato le sue nel giro di 30 anni. L´Europa sarà  in deficit già nel 2015 e avrà crescenti difficoltà ad importarne. «L´immensa crescita nel consumo di carbone, a partire dal 2000, spinta soprattutto dalla Cina, non è stata pareggiata da un corrispondente sviluppo delle riserve, nonostante l´aumento dei prezzi». Fra il 2000 e il 2005, «il numero di anni per cui si può continuare ad estrarre carbone ai ritmi attuali è sceso di un terzo, da 277 a 155 anni». Un secolo e mezzo può sembrare un lasso di tempo sufficiente per evitare drammi. Ma il ritmo di produzione è destinato ad aumentare insieme alla domanda. E, soprattutto, l´Ife basa la sua stima di 155 anni, al contrario dell´Energy Watch Group, sui vecchi dati ufficiali. Ai quali non bisogna credere troppo, sottolinea anche un´organizzazione prudente come la National Academy of Sciences americana. I metodi con cui vengono calcolate le riserve, dice il vertice degli scienziati Usa, dando indirettamente ragione all´Energy Watch Group, non vengono aggiornati dal 1974 e i dati raccolti risalgono alla stessa epoca. I test condotti con metodi aggiornati su singole aree, sottolineano gli studiosi del paese con i più grandi giacimenti al mondo «indicano che solo una piccola frazione delle riserve precedentemente stimate è effettivamente sfruttabile». La tesi che c'è carbone per i prossimi 250 anni, dunque, «non è confermabile». «Probabilmente ce n´è abbastanza per 100, agli attuali tassi di produzione», ma si può mettere la mano sul fuoco solo sulla capacità di far fronte alla domanda prevista «fino al 2030».

Questa serie di rapporti è una doccia fredda per chi pensava al carbone come «carburante di ultima istanza» per superare la stretta prevedibile nella disponibilità di petrolio e gas naturale. Ed è anche un allarme, visto che, già oggi, il 40 per cento dell´elettricità mondiale viene prodotto da centrali a carbone e molti pensano che, nei prossimi anni, questa percentuale sia destinata ad aumentare. Anche se la realtà smentisse le previsioni di un deficit di carbone intorno al 2025, infatti, la conclusione è una impennata dei prezzi di quello che, oggi, è il più economico dei carburanti fossili. E un dubbio in più sulla possibilità di imboccare quella strada delle centrali a carbone con cattura e sequestro dell´anidride carbonica, che da più parti viene giudicata la via più promettente e percorribile della nuova energia. Isolare la Co2 nelle centrali e seppellirla sotto terra consentirebbe, infatti, di ripulire il più sporco dei combustibili. Ad avercelo, però.

La Repubblica, 04-08-2007

Redazione