Luigi Bignami – La popolazione urbana del pianeta per la prima volta supera quella della campagna

ROMA – Nessuno se ne è accorto, nessun conto alla rovescia ha scandito l´evento, ma ieri, 23 maggio 2007 rimarrà una data da ricordare per gli abitanti della Terra: per la prima volta nella storia dell´umanità la popolazione che vive nelle città ha superato quella insediata nelle campagne. Il dato è stato verificato dall´Università della North Carolina State e dall´Università della Georgia che studiano la crescita della popolazione terrestre.
 
In base alle proiezioni statistiche sullo sviluppo dell´umanità tra il 2005 e il 2010, risulta che ieri nelle città erano insediati 3.303.992.253 di abitanti contro i 3.303.866.404 di uomini che vivono nelle campagne. E il divario continuerà ad aumentare a favore delle città. Entro il 2010 si prevede che negli agglomerati urbani vivrà il 51,3% della popolazione mondiale, che salirà al 60% nel 2030. Il fenomeno non è solo un avvenimento di colore, ma, poiché le città e le aree rurali sono pesantemente connesse le une con le altre, esso deve essere seguito accuratamente nel futuro. Spiega Ron Wimberley, professore di sociologia alla North Caroline State: «Le città elaborano e preparano i prodotti che provengono dalle aree rurali e che servono sia agli abitanti delle città che a quelli di campagna. Ma se per assurdo le città e le aree rurali decidessero ognuna di autosostenersi da sole, pochi scommetterebbero sulla sopravvivenza delle città. Da quando esistono, queste ultime hanno sempre avuto bisogno della campagna. Acqua pulita, cibo, prodotti della foresta e minerali non possono che arrivare dalle campagne. Le città non possono sopravvivere da sole, le aree rurali sì».
Chi ha visto per prima il sorpasso della popolazione urbana su quella rurale sono stati gli Stati Uniti, dove il fenomeno si è verificato nel 1910. Oggi, anche se regioni come il Maine, il Mississippi, il Vermont e la West Virginia vedono ancora una gran numero di abitanti vivere al fuori delle megalopoli, complessivamente circa l´80% della popolazione degli Stati Uniti vive nelle città. A livello mondiale è noto che nel 1900 la popolazione che viveva in città era circa il 14% di quella mondiale, ma all´inizio del nuovo secolo era il 47%. Questo ha fatto sì che se nel 1950 vi erano solo 83 città in tutto il mondo il cui numero di abitanti superava il milione, nel 2000 erano più di 400.

E´ anche vero però che in alcuni Paesi industrializzati c´è un´inversione della situazione. Spiega Alessandro Rosina, demografo presso l´Università Cattolica di Milano: «In Italia c´è la tendenza ad uscire dalle grandi città, anche se il fenomeno è un po´ strano. Si vuole vivere cioè al di fuori della città, ma al contempo essere ben collegati con il grande centro. Quindi non è una fuga vera e propria alla campagna, ma verso i centri minori ben collegati alla grande città».

Secondo i ricercatori, comunque, l´importanza delle aree rurali per la sopravvivenza delle città non è ancora ben compresa da chi vive al di fuori delle megalopoli. Le carte della qualità della vita degli stessi Stati Uniti mostrano che la povertà e l´educazione culturale scadente sono concentrate nelle aree rurali. Se poi ci si sposta alla situazione globale del pianeta, secondo i dati dell´International Fund for Agricultural Development, del miliardo e 200 milioni di uomini che vive con meno di un dollaro al giorno, tre quarti hanno la loro dimora fuori città. «Quanto successo ieri potrebbe essere considerato il "segnale d´allarme" per la popolazione mondiale – dice Wimberley – Le megalopoli annichilerebbero su se stesse senza l´apporto della società rurale».

Luigi Bignami, La Repubblica, 24/5/07

Redazione