2 luglio 2006 – MZ Veneto contro il Dal Molin Usa

“Dal Molin” agli americani, nuova base militare Usa nell’area dell’aeroporto di viale Sant’Antonino: Vicenza nuova Val di Susa, nuovo banco di prova per la democrazia. I cittadini di Vicenza, loro malgrado, sono destinati a lottare in un’altra trincea contro le prevaricazioni di un potere politico – dietro cui si celano gli interessi di palazzinari e imprenditori senza scrupoli – indifferente al significato della parola “democrazia”. 

“Dal Molin” agli americani, nuova base militare Usa nell’area dell’aeroporto di viale Sant’Antonino: Vicenza nuova Val di Susa, nuovo banco di prova per la democrazia. I cittadini di Vicenza, loro malgrado, sono destinati a lottare in un’altra trincea contro le prevaricazioni di un potere politico – dietro cui si celano gli interessi di palazzinari e imprenditori senza scrupoli – indifferente al significato della parola “democrazia”. I nostri rappresentanti – da quelli a Roma, come i componenti del governo Berlusconi che avviarono le trattative con l’esercito statunitense, a quelli di Palazzo Trissino che le hanno nascoste ai propri cittadini per anni – non rappresentano più un bel niente, se prendono decisioni che stravolgono la vita dei cittadini passando sopra le loro teste come se nulla fosse. Questo è esattamente il contrario della democrazia.

O meglio, è il risultato a cui porta un sistema rappresentativo ormai ridotto a un’oligarchia di signori di partito che spadroneggiano in combutta coi loro sodali industriali e speculatori. Che ci lasciano il lusso, unico illusorio potere ormai svuotato da ogni reale influenza, di ratificare le loro arbitrarie decisioni con il rito delle elezioni, dando loro la legittimazione per continuare a macinare in tutta tranquillità e con l’arroganza del diritto i propri interessi di casta e le proprie ambizioni personali.

Ma a Vicenza, in questa cittadina di 120 mila anime da sempre votate alla democristianeria più grigia, ecco la sorpresa: i cittadini, quella povera gente sulla cui fiducia lucra la nostra classe politica sempre ossequiosa verso i dollari e il favore Usa (la cui alleanza ormai non ha storicamente più ragion d’essere), la cittadinanza delle strade, dei quartieri, delle associazioni e dei comitati fa sentire la sua voce con manifestazioni che appena qualche anno fa sarebbero state impensabili – o relegate all’iniziativa di gruppi minoritari di estrema sinistra o estrema destra. Ora non c’è niente di estremo, come non c’è alcuna paura o chiusura. No, c’è la consapevolezza diffusa che l’ennesima colata di cemento (più di 45 mila mq) non può essere accettata da una città già sotto attacco edilizio (500 mila mc di Piruea) e da una zona, Laghetto, vittima di un progetto di urbanizzazione selvaggia (Pp10); c’è il rifiuto di fare da oggetto di scambio internazionale fra un’Italia che finalmente abbandona l’Irak e un’America che allora pretende di mantenere e allargare la propria presenza militare nella nostra penisola; c’è la volontà di bloccare un piano che farà di Vicenza la prima base americana in Italia, coi rischi terroristici che questo comporta. I cittadini non vogliono vedere il proprio diritto alla vivibilità sacrificato alla realpolitik da Paese eternamente condannato a dire signorsì all’America “che ci ha salvato 60 anni fa”: ora basta, riprendiamoci la nostra indipendenza. Magari dando un senso all’Europa, finora poco più di una succursale della Nato.

Ma il dato più importante è questo: agli Hullweck e ai Cicero che tengono progetti di tale portata nei loro cassetti; ai Berlusconi e ai Martino che pur di accontentare Bush e fare affari con le aziende Usa avrebbero venduto l’Italia intera (politica che il centrosinistra stenta a cambiare); e infine alle ditte locali di costruzioni che saranno le vere beneficiarie del nuovo Dal Molin yankee – a tutti costoro i cittadini rispondono con la partecipazione informata e consapevole. Comitati spontanei di zona, associazioni culturali e sociali, singole personalità di partito che stanno sul territorio, nelle circoscrizioni: tutti insieme a iniziare un percorso di collaborazione permanente che Movimento Zero propone di rendere stabile, e di creare una “rete o tavolo in difesa del cittadino”, sulla falsariga della proposta di Emanuele Rivellino, segretario provinciale della Lif (Lega Italiana Federalista). E grazie al referendum comunale promosso dal Comitato Più Democrazia che si terrà a settembre, Vicenza può diventare un laboratorio di democrazia diretta, come già sta dimostrando proprio l’impegno dal basso contro il Dal Molin. Se già ora avessimo nello Statuto del Comune il referendum abrogativo-propositivo su cui invitiamo a votare a settembre, avremmo senz’altro uno strumento in più contro lo strapotere del governo – e l’accondiscendenza della giunta berica. E’ un’occasione da non sprecare: evitando preclusioni verso chicchessia e allo stesso tempo rigettando qualsiasi strumentalizzazione politica, dobbiamo unire le forze per far capire ai nostri “rappresentanti” che non ci faremo trattare come sudditi. Ma come cittadini.

Filippo Trivellin

Presidente Gruppo Vicenza Movimento Zero

Redazione