Massimo Fini – I danni della televisione.

Il problema della Tv non sono le provocazioni scatologiche (e non, purtroppo, escatologiche), di Daniele Luttazzi, se è intelligente o cretina, di qualità o spazzatura, se è fatta bene o è fatta male. Il problema della Tv è la Tv. Ha quasi completamente distrutto la nostra vita associativa e quantomeno l'ha trasformata in modo radicale rendendola da reale virtuale.

 

Il principale effetto perverso della Tv è che ci allontana dalla vita. Ci fa vivere nel mondo della rappresentazione invece che in quello della realtà, in modo indiretto invece che diretto. Noi oggi viviamo di resoconti. E tanto più la Tv è coinvolgente e quindi dal suo punto di vista ben fatta tanto più forte è la sua capacità di distoglierci dalla vita e quindi di impoverirci mentre sembra fare il contrario.

Io penso infatti che sia molto più arricchente, umanamente ma anche culturalmente, vivere un'esperienza diretta, ancorché modesta (come, poniamo, scendere al bar a giocare a scopone, a bocce e a chiacchierare con gli amici), piuttosto che un avvenimento, per quanto importante, mediato dallo schermo televisivo, in cui non siamo protagonisti ma solo fruitori passivi, eterodiretti. Emblematici di questo non-vivere, o di questo vivere per interposta persona, sono i dilaganti talk show sportivi dove esperti, o presunti tali, o Mughini di tutte le risme, ci hanno espropriato anche dalla chiacchiera calcistica.

Che poi la Televisione italiana, finita l'epoca di Bernabei, quando aveva una grande attenzione alla qualità e all'uso stesso della lingua, arrivati il pluralismo e la concorrenza delle commerciali, abbia contribuito ad un graduale pervertimento del gusto, con l'inseguimento dell'audience a livelli sempre più bassi, in un circolo vizioso e tautologico, di cui la scatologia di Luttazzi non è che una tappa, e nemmeno la più volgare, è addirittura un fatto marginale. La questione di fondo è che la Tv ci ha espropriato della vita, individuale e collettiva.

La forza della Tv non deriva contrariamente a quanto comunemente si pensa, dalla penetratività del mezzo, dal fatto che «fa vedere» (in fondo anche il cinema «fa vedere»), ma dalla sua distribuzione capillare, dall'essere piazzata, come convitato permanente e tutt'altro che di pietra, nelle nostre case. E' ipocrita dire, come spesso si fa, che nessuno ci obbliga a guardarla e che, in fondo, siamo tutti uomini liberi. Nel villaggio tecnotronico, centrato sulla televisione, non guardare la Tv, e in particolare i programmi più seguiti, anche i più idioti, anche i più insultanti per l'intelligenza di ciascuno, come «Il Grande Fratello», significa, di fatto, tagliarsi fuori dalla società, emarginarsi.

In Occidente ci si è molto scandalizzati perché in Afghanistan i Talebani hanno distrutto, fisicamente, tutti gli apparecchi televisivi. I Talebani hanno, dal loro punto di vista, perfettamente ragione: dal momento in cui penetra in una società, come è avvenuto, e ancora avviene, col denaro per le comunità cosiddette tradizionali, la Tv finisce per corroderla dall'interno e per distruggere e comunque per assimilare a se stessa ogni forma di convivenza, tradendo la vita. Nel 'Mondo nuovo' di Aldous Huxley la droga che disumanizzava gli uomini, rendendoli simili a docili e insignificanti automi, era il «soma» che gli abitanti di quell'universo concentrazionario masticavano giorno e notte, da noi è diventata la Tv. Con la differenza che mentre nel 'Mondo nuovo' il tutto era frutto di una perversa e pervertita macchinazione del Potere, in questo caso il cappio intorno al collo ce lo stiamo mettendo, come con tutto il resto, noi con le nostre mani. Io sono talebanico.

Da "Il Giorno" del 20/02/2001

Redazione