La crisi economica statunitense emerge ogni giorno con maggiore evidenza. Secondo quanto abbiamo già riportato, traducendo l’articolo dei ricercatori del Leap E/2020 (Fase di crollo dell’economia reale negli Usa), a partire dalla fine di questo primo trimestre 2008 verrà toccato un nuovo punto di flessione della crisi sistemica globale. I sintomi finanziari della crisi cominciano, peraltro, a scaricarsi pesantemente sull’economia reale.
Segno lampante della debacle dell’economia Usa è lo sprofondamento del dollaro (con l’euro che si scambia attualmente a quota 1,5127 rispetto alla valuta statunitense). A causa di tale andamento il presidente della Fed sta cercando di rassicurare i mercati promettendo interventi tempistici, con ciò certificando (se mai qualcuno dubitasse ancora del clima d'incertezza e incompetenza che avvolge cotanti esperti sistemici) tutta l’improvvisazione e l’aleatorietà delle innumerevoli iniezioni di liquidità di questi ultimi mesi, da parte delle banche centrali.
In realtà, le principali istituzioni finanziarie americane (ma anche quelle europee) navigano a vista nel tentativo, più che altro, di traccheggiare per addivenire a soluzioni meno precarie rispetto a quelle fin qui adottate. La crisi in questione è, inoltre, aggravata dall’andamento dei prezzi del petrolio che sta volando oltre i 102 dollari al barile. Ma rincaro dei carburanti vuol dire, conseguentemente, aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e di quelli farmaceutici che determinano, a propria volta, un’inflazione galoppante. A tali dati di fatto si aggiunge anche un aumento dei prezzi di produzione negli Usa (saliti a gennaio dell’1% a fronte di previsioni più rassicuranti che parlavano di un aumento dello 0,4%) dopo la leggera flessione del mese di dicembre.
In pratica, le imprese cominciano ad avere serie difficoltà di realizzazione dei profitti. Il rischio maggiore che si profila all’orizzonte è quello della stagflazione (aumento dei prezzi e crescita stagnante). Difficile quindi che si possa continuare sulla strada delle manovre monetarie, perorate dai grandi esperti della finanza internazionale, anche perché gli spazi d’intervento si sono fortemente ristretti. Sarebbe quindi il momento di fare i conti con questa crisi in maniera strutturale senza ricercare altri palliativi. Così però non la pensano gli analisti finanziari che puntano ingenuamente a sovvertire il clima di sfiducia dei consumatori americani per ridare fiato alla ripresa. Se questi signori pensano di calmierare i lori disastri con induci fasulli e, al più, meramente accessori, come quelli legati alle attese e alle aspirazioni dei consumatori, ciò vuol dire che la loro presa di coscienza sulla gravità della situazione è solo apparente. In verità, la crisi di fiducia dei consumatori americani è l’effetto di una situazione che precipita a causa dell’annaspare “della macchina economica americana” (come appunto sostenuto dai ricercatori del LEAP), in seguito agli innumerevoli fallimenti privati e pubblici, con espulsione dal mercato di molte imprese (oltre la normale soglia "fisiologica" dovuta alla competezione sul mercato), all’acquisto di titoli divenuti carta straccia nelle mani dei risparmiatori che stanno bruciando malamente i loro risparmi, nonché all’andamento inflattivo dei prezzi.
Questo comporta anche una brusca frenata dell’occupazione (in seguito al calare dei consumi, degli investimenti e del reddito), mai così in basso negli ultimi cinque anni. L’innesco della caduta è sicuramente da addebitare alla recessione immobiliare, con una sequela di pignoramenti, giunti ad un punto critico nel mese di gennaio. Tuttavia, la deflagrazione vera e propria tocca aspetti più profondi che non si esauriscono certo nella crisi dei subprime e dei mutui divenuti ormai inesigibili. Ciò che traballa è l’equilibrio economico, fondato sulla predominanza Usa, che non regge più all’urto dei grandi cambiamenti ai quali è sottoposta l’economia mondiale. Il mondo non ruota più completamente intorno agli Stati Uniti e questi non possono continuare ad operare con i vecchi strumenti per mantenere il controllo del pianeta.
Facile quindi prevedere che gli Usa cercheranno di serrare i ranghi e di agire con sistemi più politici e militari per risolvere i loro problemi. A ragione i ricercatori del Leap hanno parlato di “crisi sistemica globale, … che influisce sull'integrità del pianeta per quanto riguarda direttamente le basi del sistema internazionale che sottende all'organizzazione planetaria da alcuni decenni”. La strategia americana di predominanza subisce forti scossoni a causa di rivolgimenti che non sono puramenti economici, quanto legati all’instabilità dell'ordine mondiale da questi creato in seguito alla vittoria nella seconda guerra mondiale e al successivo estendersi del loro strapotere ad est, dopo la caduta dell’URSS. Insomma, la crisi del risparmio negativo degli US (che fino a questo momento era stata rattoppata grazie ai prestiti altrui) non sarà più comodamente ricomponibile perché il clima politico è cambiato. Ciò significa che i principali creditori degli Usa potrebbero osare sfidare il gigante americano in virtù del fatto che si sentono molto più forti di un tempo (inizierà da qui una fase di pieno policentrismo?). Sotto questo punto di vista il decoupling assume un’importanza cruciale, non tanto come atto di distaccamento immediato delle economie asiatiche ed europee dall'economia Usa (i tempi sono ancora prematuri), ma come primo tentativo di recupero di una maggiore autonomia di questi paesi dopo gli anni bui dell’assoluta predominanza statunitense (anche se resto piuttosto scettico sul ruolo dell'Europa, in quanto quest'ultima continua a manifestare tutto il suo sostegno agli USA, sia in termini politici che militari). Staremo a vedere.
Ripensaremarx – 28/02/2008
James Howard Kunstler – Disordine
Il tunnel buio in cui è entrata l’economia statunitense ha cominciato ad assomigliare più a un buco nero la scorsa settimana, risucchiando vite, sorti, e prospettive dietro una facciata Potemkin di ritirata ordinata messa in scena da chiunque sia in posizione di autorità con una storia da raccontare o un interesse da proteggere –– il presidente [ndt. Del Comitato dei Governatori] della Federal Reserve Bernanke, il CNBC, il New York Times, la Bank of America… Gli eventi si svolgono ora precedendo qualsiasi cosa che le personalità possano fare per controllarli.
L’implosione della “bolla immobiliare” viene ampiamente fraintesa. Non si tratta solo del crollo del mercato di un particolare tipo di prodotto, è la fine dello stesso modello di periferia, dello stile di vita che rappresenta e dell’intero giro d’affari ad esso connesso. È la rottura del sistema su cui l’America ha investito la maggior parte della propria ricchezza dagli anni ’50 in poi. La cosa forse più tragica è che i cattivi investimenti non sono stati altro che accelerati quando il sistema raggiungeva la sua fine, ma sembra una legge di natura che le creste si formino proprio prima che le onde si infrangano.
Quest’onda si sta infrangendo contro una scogliera di incredulità. Non lo capisce nessuno. L’investimento psicologico su quello che consideriamo la realtà americana è troppo grande. I media principali non lo capiscono e non possono parlarne coerentemente. Nessuno dei candidati alla presidenza ha cominciato ad offrire un’interpretazione di quello che ci sta di fronte: l’organizzazione della vita di periferia è un esperimento entrato in fase fallimentare.
Insisto che gli “attori” –– dai banchieri ai politici, agli editori, fino agli ordinari cittadini –– continueranno a non capire mentre il disordine accelera e le famiglie e le comunità vengono colpite dalla perdita economica. Invece di avviare il difficile processo di trovare nuovi modi di organizzare la vita di tutti i giorni, inizieremo una campagna per sostenere a tutti i costi l’insostenibile vecchio stile di vita.
Un lettore mi ha spedito un fascicolo di articoli recenti dell’Atlanta Journal-Constitution. Conteneva una storia dopo l’altra sulla necessità percepita di costruire più autostrade per mantenere la “crescita economica” (e casualmente, sulla “sciocchezza” del trasporto pubblico). Lo interpreto come affermare la necessità di mantenere in piedi il sistema di sviluppo delle periferie, dato che è stata questa la reale e maggiore fonte di prosperità della Sunbelt per gli ultimi sessant’anni. Non sanno immaginare un’economia basata su niente altro che nuove suddivisioni, ampliamenti autostradali, nuove vendite di auto, e occhiali Nascar. La Sunbelt perciò, sarà il ground-zero di tutta la delusione che si emanerà da questo disastro culturale, e sarà probabilmente il ground-zero anche per gli imbrogli politici che risulteranno dalla perdita di patrimoni e dalla distruzione delle speranze.
Qualche volta credo necessario ricordare ai lettori quello che possiamo fare realmente di fronte a questa lunga emergenza. I votanti e i canditati nella stagione delle primarie hanno proclamato il “cambiamento”, ma temo che lo sporco segreto di questa campagna sia che il pubblico americano non voglia affatto cambiare il proprio comportamento. Quello che realmente desiderano è che qualcuno prometta loro di poter continuare a fare ciò a cui sono abituati: comprare più di quanto possano permettersi, mangiare più di quelle schifezze che li uccideranno, e guidare per più chilometri di quanto permettano le circostanze.
Ecco quello che dovremmo iniziare a fare.
Interrompiamo del tutto la costruzione di autostrade. Convogliamo invece il denaro pubblico per la riparazione dei passaggi ferroviari. Costituiamo società pubblico-private per la gestione del trasporto ferroviario tra le grandi città americane e le cittadine situate tra queste. Se la Amtrak è inaccettabile, sbarazziamocene e creiamo un nuovo sistema di gestione. Allo stesso tempo, iniziamo a pianificare operazioni capillari di tram e metropolitane.
Aboliamo i sussidi per l’agroindustria e indirizziamo invece le sovvenzioni ai piccoli agricoltori, utilizzando le esistenti reti regionali delle associazioni di agricoltori biologici per dirigere gli aiuti. (Questo comprende l’abolizione delle sovvenzioni per il programma dell’etanolo).
Cominciamo la pianificazione e la costruzione di strutture portuali e sui litorali per il commercio: moli, magazzini, cantieri navali, e alloggi per i marinai. Questo è di particolare importanza per lungo il sistema Ohio-Missisipi e dei Grandi Laghi.
Nelle città e nelle cittadine, cambiamo i regolamenti che rendono le auto un compromesso necessario. Dirigiamo tutto il nuovo sviluppo nei minimi dettagli, ridimensionandolo in modo tale da consentire gli spostamenti a piedi. Essenzialmente questo significa rendere ogni singola area edificabile l’incremento di base del nuovo sviluppo, non “progetti”di molti acri di terreno. Eliminiamo tutti i requisiti dei parcheggi previsti per gli sviluppi residenziali. Istituiamo una “tassazione locale” basata sulla prossimità al centro cittadino e non in relazione alle dimensioni, al carattere o al valore stimabile dell’edificio stesso. Bandiamo in effetti gli edifici di più di sette piani. Iniziamo la pianificazione di impianti di riscaldamento per i quartieri e i distretti e di generatori solari, eolici ed idroelettrici ovunque possibile su base di una rete di piccola scala.
Dovremmo iniziare un dibattito pubblico se sia fattibile o desiderabile costruire nuove centrali nucleari. Se ci sono buone ragioni per andare avanti con il nucleare, e se c’è un consenso sui suoi rischi e benefici, dobbiamo stabilirlo rapidamente. Potrebbe non esserci altro modo di mantenere le luci accese in America dopo il 2020.
Dobbiamo prepararci alla fine delle relazioni economiche globali che hanno caratterizzato lo sfogo finale dell’era dell’energia a basso costo. Il mondo tornerà di nuovo ad essere ampio, mentre le nazioni si dispereranno sulle risorse energetiche. Questa disperazione produrrà di certo conflitti. Dovremo tornare nuovamente a produrre oggetti in questo paese, altrimenti non avremo neanche i più rudimentali oggetti domestici.
Faremo meglio a prepararci psicologicamente a ridimensionare tutte le istituzioni, compreso il governo, le scuole e i college, le corporazioni e gli ospedali. Tutte le tendenze dell’ultimo mezzo secolo tese alla centralizzazione e alla gigantificazione dovranno essere invertite. Il Governo sarà bramoso di reddito, oltre che impotente su più alta scala. Le scuole superiori centralizzate in tutta la nazione si dimostreranno il nostro più frustrante cattivo investimento. Dovremo probabilmente rimpiazzarle con qualche forma di educazione a domicilio, consentendo l’aggregazione di unità di quartiere. Molti college, pubblici e privati andranno in fallimento quando l’istruzione superiore cesserà di essere un’attività di “consumo”. Le aziende di dimensioni tali da operare su scala globale non ce la faranno. Questo comprende probabilmente le operazioni di tutte le catene nazionali di “superstore”. Dovranno essere rimpiazzate con piccole attività locali e regionali. Dovremo riaprire molti ospedali di piccole cittadine che sono stati chiusi nei recenti anni, ed aprire molte nuove operazioni sanitarie locali di tipo ambulatoriale come parte integrante della grande riforma della medicina americana.
Mettiamo da parte per un attimo l’immigrazione legale e impegniamoci seriamente per implementare le leggi sull’immigrazione illegale. Smettiamo di mentire a noi stessi e smettiamo di usare astuzie semantiche come chiamare gli immigrati illegali immigrati “non documentati”.
Prepariamoci psicologicamente alla distruzione di molta “ricchezza” fittizia – e lasciamo che gli strumenti e le istituzioni fondate sulla ricchezza fittizia vadano in fallimento, anziché sostenerle con il supporto vitale del credito. Come ogni altra cosa nella nostra vita di nazione, la finanza deve ritornare ad una dimensione adeguata alle nostre circostanze – ossia a ciò che la realtà consente. Il processo è comunque iniziato, sia che il pubblico ve ne sia preparato o meno. Apprenderemo presto del crollo di banche dappertutto. Statene alla larga se potete.
Prepariamoci psicologicamente ad un clima socio-politico di rabbia, lamentele e risentimento. Molti singoli individui si troveranno a corto di risorse negli anni a venire. Saranno alquanto inquieti e cercheranno di punire e usare gli altri come capri espiatori. Gli Stati Uniti sono una delle poche nazioni al mondo che non abbia attraversato una convulsione socio-politica nel secolo scorso. Ma nonostante diciamo a noi stessi di essere speciali, non siamo immuni alle forze che hanno portato le altre società agli estremi. L’ascesa dei nazisti, il terrore sovietico, la “rivoluzione culturale”, gli olocausti e i genocidi –– queste sono tutte cose che possono succedere a qualsiasi popolo portato alla disperazione.
http://jameshowardkunstler.typepad.com/clusterfuck_nation/
16.01.2008